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Il fronte degli spin off
«Ecco perché in mezzo occorre che ci sia l'università» spiega Riccardo Pietrabissa, prorettore vicario del polo di Lecco dell'ateneo milanese. «La nostra strategia è far ponte tra le imprese neonate - start up o spin off dell'ateneo - e l'industria più che con il venture capital». Il dialogo, a quanto pare, sembra più semplice tra uomini di impresa. «I soci finanziatori puri progettano in termini di milestone e royalties, i partner industriali sanno che alla ricerca serve tempo». Nella serra che accoglie idee e le protegge in coltura, alcune piante nascono direttamente sui campi interni. Sono 18 gli spin off del Politecnico, che lavorano su 14 brevetti nati tra le mura dell'università. Il fatturato di queste imprese fatte in casa è di appena 8 milioni (2008), ma in crescita del 14%. Anche per loro, il primo problema per uscire dallo stato nascente è cercare reti, procurarsi partner. Come ha fatto Tommaso Frizzi, 31 anni, un dottorato di ricerca a cui ha fatto seguito uno spin off, la Xg Lab. Frizzi lavora sui silicon drift detector, i rilevatori ai raggi X o raggi gamma al silicio la cui tecnologia ha avuto proprio a Milano la sua culla. «Il nostro spettrometro monta un'elettronica d'avanguardia». A che serve uno spettrometro? Per esempio a misurare la quota di rifiuti radioattivi in una discarica o l'uranio in una valigetta sospetta. Il partner industriale è un'azienda di Agrate Conturbia, provincia di Novara. Reti corte in attesa di allacciarne di più lunghe.
francesco.gaeta@ilsole24ore.com
